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Il monumento di Padre Matteo Ricci nel cimitero di Zhalan, oggi parco della Scuola di Amministrazione di Pechino.
L’intervento della Madonna nella evangelizzazione della Cina è riconosciuto da Matteo Ricci già nel 1585 quando venne revocato l’ordine di ‘disfare’ tutte le chiese fino a quel momento costruite. Scrive: “Ben credo che fu la Regina del Cielo Nostra Signora che non volle che si difacesse questa sola casa che lei ha in un regno tanto grande” [Lettera del 20 ottobre 1585 al padre Claudio Acquaviva]
Nei Dieci capitoli Ricci presenta ai suoi lettori confuciani questioni di filosofia morale su vari temi quali il tempo, la ricchezza, il silenzio, la morte, in una originale visione cristiana sostenuta dalla conoscenza della filosofia stoica dei grandi autori latini. Nell’altro testo, noto anche come Commentari della Cina, si descrivono i costumi e le istituzioni della Cina del tempo e si racconta l’impresa missionaria che consentì a Ricci di portare il cristianesimo a Pechino.
Ritratto di padre Matteo Ricci e Paolo Xu Guanqi in un’ immagine tratta dalla China illustrata di Athanasius Kircher (1667).
Lettera del 24 agosto 1608 da Pechino al Canonico Antonio Maria Ricci “Tre anni fa comprammo qua una casa grande dove facemmo una chiesuola nella quale vengono molti cristiani e molti nobili per la curiosità di vedere le belle immagini che vi sono esposte. E con questa occasione, senza uscire di casa, predichiamo ai nobili, e alcuni si convertono; ma la maggior parte resta nella propria legge per essere più libero. Ma Dio, a poco a poco, con l’operato dei nostri, ammansirà i loro cuori. Già abbiamo più di 2000 cristiani, tra cui molti letterati”.
L’opera si presenta come un dialogo tra un letterato cinese e lo stesso Matteo Ricci, letterato occidentale. Dal primo capitolo:
41. Il letterato cinese dice: Dal momento che lei, signore, afferma che il Signore del Cielo è l’inizio di tutte le cose, posso chiedere da chi Lui sia stato creato?
42. Il letterato occidentale dice: Ci si riferisce al Signore del Cielo come alla fonte di tutte le cose. Se ci fosse qualcuno che L’ha creato, il Signore del Cielo cesserebbe di essere il Signore del Cielo. Gli uccelli e gli animali, l’erba e gli alberi, sono cose che hanno un inizio e una fine. I fantasmi e gli spiriti in cielo e in terra e le anime degli uomini hanno un inizio, ma non una fine. Il Signore del Cielo non ha inizio né fine ed è, perciò, l’inizio e la radice di tutte le cose. Se non ci fosse il Signore del Cielo, non ci sarebbe altro. Tutte le cose sono create dal Signore del Cielo, ma il Signore del Cielo non è creato da nessuno.
Vivrà a Pechino fino alla morte a spese del pubblico erario e tornerà più volte nella Città proibita con l’incarico di mettere a punto e riparare gli orologi, ma non sarà mai ammesso all’udienza dell’imperatore Wan Li. La parola del Vangelo, predicata da Matteo Ricci, convertirà l’anziana madre dell’imperatore e alcuni notabili della corte imperiale.
I doni preparati per l’imperatore Wan Li furono requisiti e tra questi un clavicordio, strumento musicale a corde costituito da una cassa rettangolare e una piccola tastiera, sconosciuto in Cina. In seguito Matteo Ricci insegnerà l’uso di questo strumento ai membri del collegio musicale imperiale e comporrà otto melodie accolte con successo nell’ambiente della corte.
In questa città, che i cinesi considerano la più bella del mondo, incontra Xu Guanqi (1562-1633), funzionario imperiale e scienziato, con il quale stringe una forte e duratura amicizia; Xu Guanqi, convertito al cristianesimo, riceve con il battesimo il nome di Paolo.
Un ritratto di Xu Gaunqi o altra immagine (scultura?)
Nel giugno del 1597 i giapponesi invasero per la seconda volta la Corea, protettorato cinese, e la guerra si protrasse fino alla fine dell’anno seguente. Nonostante la vittoria riportata, la stabilità dell’impero cinese risentì fortemente delle ingenti spese militari e questo determinò la decadenza della dinastia Ming fino alla sua caduta.
Lettera del 13 ottobre 1596 al Canonico Antonio Maria Ricci “L’anno passato feci in littra cina alcuni detti De Amicitia, scelti i migliori de’ nostri libri”. Attraverso 100 sentenze tratte dagli autori classici (Aristotele. Plutarco, Cicerone, Seneca) Ricci si propone di dimostrare che il pensiero cinese e quello occidentale possono dialogare attraverso la conoscenza reciproca e sulla base di valori comuni.
Il viaggio fu avventuroso e sfortunato: l’imbarcazione fece naufragio nel fiume Gan e, giunto a Nanchino, Matteo Ricci viene espulso dalla città in quanto straniero con l’accusa di sovvertire le istituzioni e turbare la pace sociale.
Lettera del 10 dicembre 1593 a Giovanni Battista Ricci . “Ma quello che più gli [i Cinesi] fa stupire è che l’anno passato fummo di notte assaltati da ladroni e ci ferimo in quattro, tra i quali io, sebben leggermente in una mano; ma sendo dalle guardie scoperti e presi sette o otto di loro, noi, in loco di perseguitargli, gli aiutiamo in tutte le audienze e non hanno migliori procuratori di noi: cosa inaudita al gentile rendere bene per male, ma propria della legge christiana“.
Lettera del 29 agosto 1595 al Padre Duarte de Sande s.j. “Nostro Signore ci fece passare prima per dodici anni di fila sia a Zhaoqing sia a Shaozhou molti disonori, abbattimenti, affronti e tante persecuzioni, che da sole bastavano a porre delle solide fondamenta; giacché durante tutto questo tempo fummo trattati e considerati come spazzatura del mondo”.
La lettera che il Papa Sisto V avrebbe dovuto inviare all’imperatore cinese Xuanzong, esponente della dinastia Ming, fu scritta in cinese da Matteo Ricci.
Grande curiosità destarono gli oggetti che i due religiosi avevano portato: un quadro della Madonna con il bambino che mostrava l’uso della prospettiva nell’arte figurativa, i libri stampati, i mappamondi, gli strumenti musicali e soprattutto gli orologi che erano fino a quel momento sconosciuti.
Qui deve affrontare l’apprendimento della lingua e della scrittura cinesi. Scriverà “Arrivassimo in questo porto della Cina in agosto e stessimo poco più di un mese in mare…subito mi detti alla lingua cina…quanto al parlare è tanto equivoca che tiene molte parole che significano più di mille cose et alle volte non vi è altra differenza tra l’una e l’altra che pronunciarsi con voce più alta o più bassa in quattro differentie di toni…la scrittura cinese ha tante lettere quante le parole o le cose, di modo che passano di settanta mila, e tutte sono molto differenti e imbrugliate…il loro scrivere più tosto è pingere e così scrivono col pennello come i nostri pittori”.
Michele Ruggieri (1543- 1607), gesuita, venne scelto dal Visitatore Alessandro Valignano per avviare una missione in Cina, terra nella quale fu tra i primi ad entrare. Creò la prima scuola di lingua cinese per gli stranieri e nel 1584 pubblicò il primo Catechismo in lingua cinese. Diede un importante contributo alla conoscenza della Cina tanto da essere considerato il primo sinologo europeo.
Il viaggio ricalca quello compiuto, nel 1541, dal gesuita spagnolo Francesco Saverio che era partito dal Portogallo per le colonie delle Indie occidentali, su mandato di Ignazio di Loyola. La sua missione, che raggiunse Taiwan e il Giappone, si arrestò alle soglie della Cina dove non erano ammessi gli stranieri: nell’isola di Sancian, senza poter toccare le coste cinesi, Francesco Saverio morì nel 1552, anno di nascita di Matteo Ricci.
Christopher Clavius (1538-1612), gesuita tedesco, fu studioso di matematica e astronomia; insegnò nel Collegio Romano che divenne, grazie a lui, un centro di primo piano per lo sviluppo e la diffusione delle conoscenze scientifiche in Europa.
Alessandro Valignano (1539-1606), gesuita, come Visitatore della Compagnia di Gesù per l’Asia ebbe il compito di sovraintendere e gestire le missioni in Oriente e promuovere l’ingresso in Cina dei gesuiti; dedicò la sua opera di evangelizzatore al Giappone.
La Compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola nel 1534 e riconosciuta dal papa Paolo III nel 1540, aprì a Macerata il primo collegio nel 1561 utilizzando le strutture del precedente Ospizio dei Cavalieri di Gerusalemme. Quando papa Clemente XIV soppresse l’Ordine dei Gesuiti nel 1773, la sede e i beni del collegio furono acquisiti dal Comune di Macerata e destinati alla fondazione della biblioteca cittadina. Nell’immagine è raffigurata la facciata della Chiesa collegiata di San Giovanni annessa al collegio dei Gesuiti, oggi cattedrale di Macerata.
Carta di Macerata con localizzazione della casa e della farmacia.